COMUNICATO DELLA PRESIDENZA NAZIONALE AMCI

Associazione Medici Cattolici Italiani 

 Presidenza Nazionale

 

COMUNICATO DELLA PRESIDENZA NAZIONALE AMCI

ELABORATO, APPROVATO E SOTTOSCRITTO ALL’UNANIMITA’

 

Il 30 gennaio 2020 l’Associazione Medici Cattolici Italiani, con grande senso di responsabilità e lungimiranza, ha organizzato in Roma in Palazzo Maffei Marescotti un convegno dal titolo “Medicina e sanità ai confini della vita: il ruolo del medico”, per realizzare un’attenta e ponderata riflessione in merito ai recenti pronunciamenti, per sentenza, della Corte Costituzionale 242 del 2019 sul tema dell’aiuto al suicidio assistito.

Il Convegno, realizzato in collaborazione con la FMOMCeO, ha visto la partecipazione dei massimi livelli della Federazione, del Presidente Nazionale Filippo Anelli, del Prof. Fulvio Borromei, Coordinatore Nazionale Cure Palliative FNOMCeO e Presidente OMCeO Ancona, del Prof. Pierantonio Muzzetto, Coordinatore Consulta Deontologica Nazionale FNOMCeO e Presidente OMCeO Parma, del Prof Filippo M. Boscia, Presidente Nazionale AMCI, del Dott. Alfredo Mantovano, vice Presidente del Centro Studi Livatino e del Dott. Massimo Polledri, Neuropsichiatra infantile e Presidente del Comitato Polis Pro Persona.

Il Convegno aveva l’intento di proiettare l’attenzione di tutti i partecipanti sulle conseguenze che la sentenza avrebbe potuto avere anche sul Codice Deontologico.

In quell’occasione a nome dell’AMCI, Filippo Boscia, ha coerentemente ribadito quanto già espresso in passato (Agenzia SIR dell’agosto 2019) “Ai medici non può essere assegnato il compito di causare o provocare la morte. Essi hanno l’obbligo di indicare la proporzionalità delle cure, avendo un attento sguardo alla storia naturale della malattia”.

Tutti i medici cattolici rappresentano l’assoluta incompatibilità tra l’agire medico e l’uccidere, perché chi esercita la difficile arte medica non può scegliere di far morire e nemmeno di far vivere ad ogni costo, contro ogni ragionevole logica. I medici cattolici ribadiscono la necessità e l’urgenza di attuare su tutto il territorio nazionale le grandi potenzialità della legge 38/2010 ‘disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore’ e che ciò va realizzato in modo omogeneo ed universalistico. Sottolineano l’importanza di queste cure e la necessità di mantenere i malati terminali in un percorso esistenziale, sostanziato al massimo da rapporti umani ed affettivi”.

I medici cattolici, al fine di evitare ogni possibile fraintendimento o dubbio, ribadiscono la loro stabile e immodificata posizione, che è quella per la quale l’AMCI si è sempre battuta e continuerà a battersi con coerenza, senza dubbi e senza remore, e sulla quale non si accettano compromessi.

I medici cattolici sono in trincea contro l’eutanasia e il suicidio assistito!

Il Consiglio di Presidenza AMCI ritiene assolutamente incompatibile ogni intervento di assistenza medica al suicidio assistito con l’etica e la deontologia professionale del medico.

Ribadisce che è l’integrità del medico a rendere inconciliabile l’arte medica con il suicidio assistito e qualsivoglia forma eutanasica e che non vi sono alternative!

La medicina è sempre senza eccezioni perla vita e a favore della vita, e questa vita deve essere sempre accompagnata, senza alcun disimpegno, senza alcun abbandono, con delicatezza, fermezza e impegno nel continuare a curare le fragilità, pur se terminali, adempiendo sempre con sollecitudine e proporzionalità a prendersi cura (care), soprattutto quando non si può guarire. L’AMCI dunque moralmente non può accondiscendere in nessun caso a richieste eutanasiche da parte dei pazienti, ed i medici cattolici saranno sempre osservanti della propria coscienza. E questo, nell’interesse del sofferente, varrà sempre, sia ben chiaro, anche al di là delle nuove interpretazioni dell’art. 17 del codice di deontologia medica.

I medici cattolici italiani, pienamente partecipi della vita democratica del Paese, accanto a tutti gli uomini di buona volontà, sono e saranno sempre impegnati nella battaglia per i diritti umani. Per questo ad alta voce difendono e promuovono la libertà di coscienza degli operatori sanitari e riflettono sulla dimensione spirituale dell’uomo, sperando che egli possa liberamente operare con oculate scelte, anche di fede, rispettando sempre i significati autentici della vita.

Il 6 febbraio 2020 il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) nella sua massima autonomia, facendo seguito alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, ha approvato a Roma all’unanimità il testo degli “indirizzi applicativi dell’articolo 17” del codice deontologico, qui di seguito riportato:

La libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.

L’AMCI pertanto prende atto della decisione della FNOMCeO della NON modifica dell’art. 17 del codice deontologico e ritiene questo, di per sé, un fatto sostanzialmente positivo! Ma non condivide la successiva elaborazione dottrinale dell’indirizzo applicativo deciso, restando sempre nel rispetto di chi pensa diversamente.

I componenti il Consiglio di Presidenza Nazionale dei medici cattolici, proprio riflettendo su questa decisione della FNOMCeO, desiderano lasciare spazio ad una serie di interrogativi:

  1. il primo attiene alla scelta dei tempi: quale urgenza c’era di provvedere con tanta celerità? La sentenza della Consulta, che di fatto aggiunge un nuovo comma all’art. 580 del codice penale, è per questo equiparabile a un intervento del Legislatore: non sarebbe stato opportuno cogliere le ricadute della nuova disposizione, pur se di creazione giurisprudenziale, sul codice deontologico prima di decidere gli “indirizzi applicativi”? L’interrogativo è tanto più concreto allorché la sentenza in questione esige il parere del Comitato etico territoriale: poiché la disciplina di quest’ultimo è ancora in via di definizione, ciò non avrebbe costituito una ragione in più per prendere tempo?

  2. sia la sentenza 242 che la legge 219/2017 parlano di “coscienza del singolo medico” e di “deontologia professionale”. Se il riferimento è con tutta evidenza all’attuale codice deontologico, incluso il suo art. 17, perché varare questi nuovi “indirizzi applicativi”? La Consulta non auspica nemmeno per incidens delle integrazioni; 

  3. a chi osserva che la stessa Corte inserisce ogni trattamento di fine vita all’interno del Servizio sanitario nazionale, parlando di “verifica in ambito medico” della richiesta di aiuto al suicidio, si può rispondere che ci si imbatte in una confusione che non spetta certamente al singolo medico, o al suo Ordine, risolvere, perché sta tutta nella sentenza 242 e nell’inserimento di essa nell’ordinamento. Si ricorda che l’art. 1 co. 2 della L. 833/78 definisce il “servizio sanitario nazionale” come “il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la  popolazione”. A quale degli obiettivi propri del SSN - la promozione, il mantenimento, il recupero della salute - si ascrive l’aiuto che il medico è chiamato a dare al suicidio? La Consulta non lo spiega; prima del codice deontologico non si sarebbe forse dovuta rettificare la legge istitutiva del SSN? Ovviamente non è un auspicio: è un iter logico, che però non è stato seguito;

  4. gli “indirizzi applicativi” vanno nella direzione di sovrapporre anche letteralmente il codice deontologico al dictum della Consulta. I quesiti sono: non esiste una autonomia fra norme disciplinari e norme penali? che necessità vi è delle prime se il loro confine appare coincidere con quelle delle seconde? può essere una legge dello Stato o una sentenza della Consulta a stabilire che cos’è la professione medica, prescindendo dalle norme di tradizione plurimillenaria che l’Ordine ha maturato al proprio interno?

 

Questi interrogativi forse resteranno senza risposta, ma il Consiglio di Presidenza AMCI ha voluto riproporli.

 

Roma, 11 Febbraio 2020

 

 

IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA AMCI

ALL’UNANIMITA’

Prof. Filippo M. Boscia Presidente Nazionale