Papa Francesco: "Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio"

Roma, 9 febbraio 2022- Nella catechesi dell’udienza generale, dedicata a San Giuseppe patrono della “buona morte”, papa Francesco ha ringraziato i progressi della medicina nelle “cure palliative” per accompagnare il “fine vita”, ma ha ricordato che eutanasia e suicidio assistito sono “inaccettabili”: "La vita è un diritto, non la morte". IL TESTO INTEGRALE

Papa Francesco ha dedicato la ventesima catechesi dell’udienza generale agli ultimi momenti di vita di San Giuseppe, padre terreno di Gesù, di cui nulla scrivono i Vangeli, ma che si pensa abbiano avuto l’amorevole assistenza della Vergine Maria e di Gesù, “prima che lasciasse la casa di Nazaret” e iniziasse la sua vita pubblica.

 “È bello ringraziare il Papa che ha questa lucidità, a 95 anni, di dirci questo: io sono davanti alla porta oscura della morte”. Così il Papa, a braccio, nella catechesi dell’udienza di oggi ha ringraziato Benedetto XVI, che “diceva, due giorni fa: sono davanti alla porta oscura della morte”. “È un bel consiglio che ci ha dato: ascoltare la morte davanti alla porta oscura della morte”, l’omaggio di Francesco a quanto ieri ha scritto il Papa emerito nella sua lettera circa il rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco e di Frisinga.
Il riferimento è al tema della catechesi in Aula Paolo VI: San Giuseppe, patrono della buona morte. “Forse qualcuno pensa che questo linguaggio e questo tema siano solo un retaggio del passato, ma in realtà il nostro rapporto con la morte non riguarda mai il passato, ma sempre il presente”, ha fatto notare il Papa.

“La cosiddetta cultura del benessere cerca di rimuovere la realtà della morte, ma in maniera drammatica la pandemia del coronavirus l’ha rimessa in evidenza”. Lo ha fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza generale. “Terribile, la morte era dappertutto, e tanti fratelli e sorelle hanno perduto persone care senza poter stare vicino a loro, e questo ha reso la morte ancora più dura da accettare e da elaborare”, ha proseguito Francesco, che ha raccontato a braccio: “Mi diceva un’infermiera che era davanti a una donna che col Covid stava morendo, ‘io vorrei salutare i i miei prima di andarmene'. L’infermiera coraggiosa ha preso il telefonino e l’ha collegato: la tenerezza di quel congedo”. “Nonostante ciò, si cerca in tutti i modi di allontanare il pensiero della nostra finitudine, illudendosi così di togliere alla morte il suo potere e scacciare il timore”, il grido d’allarme del Papa: “Ma la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura della morte, piuttosto ci aiuta ad affrontarla”. “Prima o poi tutti o poi andremo davanti a quella porta”, ha detto ancora a braccio: “La vera luce che illumina il mistero della morte viene dalla risurrezione di Cristo”. Come scrive San Paolo, “se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede”. “C’è un certezza”, il commento a braccio: “Cristo è resuscitato, è risorto, è vivo per noi e questa è la luce che ci aspetta dietro quella porta oscura della morte”.

“Non ho mai visto, dietro un carro funebre, un camion di traslochi!”. Lo ha esclamato il Papa, nella catechesi, dedicata a San Giuseppe, patrono della buona morte. “Ci andremo soli, senza niente nelle tasche del sudario: niente, perché il sudario non ha tasche. Questa solitudine della morte”, ha proseguito a braccio. “Non ha senso accumulare se un giorno moriremo”, il monito: “ciò che dobbiamo accumulare è la carità, è la capacità di condividere, di non restare indifferenti davanti ai bisogni degli altri”. “Che senso ha litigare con un fratello, con una sorella, con un amico, con un familiare, o con un fratello o una sorella nella fede se poi un giorno moriremo?”, si è chiesto Francesco: “A che serve arrabbiarsi con gli altri? Davanti alla morte tante questioni si ridimensionano. È bene morire riconciliati, senza lasciare rancori e senza rimpianti! Io vorrei dire la verità: tutti noi siamo in cammino verso quella morte, tutti”. ”Il Vangelo ci dice che la morte arriva come un ladro, così dice Gesù – ha ricordato il Papa – e per quanto noi tentiamo di voler tenere sotto controllo il suo arrivo, magari programmando la nostra stessa morte, essa rimane un evento con cui dobbiamo fare i conti e davanti a cui fare anche delle scelte. solo dalla fede nella risurrezione noi possiamo affacciarci sull’abisso della morte senza essere sopraffatti dalla paura. Non solo: possiamo riconsegnare alla morte un ruolo positivo. Pensare alla morte, illuminata dal mistero di Cristo, aiuta a guardare con occhi nuovi tutta la vita”.


Non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico” ha affermato il Papa, citando a braccio “quella frase del popolo fedele di Dio, della gente semplice: ‘lascialo morire in pace, aiutalo a morire in pace’. Quanta saggezza!”. Poi Francesco si è soffermato sulla “qualità della morte stessa, del dolore, della sofferenza”: “Dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette cure palliative, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile”. “Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano ad uccidere”, ha precisato il Papa.

“Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio”. Ne è convinto il Papa, che nella catechesi in Aula Paolo VI, ha ribadito che “va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati”. “La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”, ha affermato Francesco: “E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti”.

Accelerare la morte degli anziani è disumano, non è né umano né cristiano” ha proseguito, a braccio, il Papa, che al termine della catechesi dell’udienza di oggi, si è soffermato fuori testo su “un problema asociale, ma reale: quello di pianificare , accelerare la morte degli anziani”. “Tante volte si vede in un certo ceto sociale che agli anziani che non hanno dei mezzi gli si danno meno medicine di quelle che hanno bisogno”, la denuncia di Francesco: “e questo è disumano, non è aiutare, è metterli più presto verso la morte. E questo non è né umano, né cristiano”. “Gli anziani vanno curati come un tesoro dell’umanità”, l’appello del Papa: “sono la nostra saggezza, e anche se non parlano sono il simbolo della saggezza umana. Sono coloro che hanno la fatto strada prima di noi e ci hanno lasciato tante cose belle, tanti ricordi, tanta saggezza”. “Non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani”, il monito di Francesco, secondo il quale “carezzare l’anziano ha la stessa speranza che carezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine è un misero sempre, che va rispettato, curato, amato”. “Possa San Giuseppe aiutarci a vivere il mistero della morte nel miglior modo possibile”, l’auspicio finale: “Per un cristiano la buona morte è un’esperienza della misericordia di Dio, che si fa vicina a noi anche in quell’ultimo momento della nostra vita”.

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